entropia

anche nella vedovanza c’è il sessismo. un uomo vedovo si preoccupa solo di trovare una donna e fa tanta tenerezza perchè è giusto che trovi una nuova compagna, tutti battono le mani quando avviene. Una donna vedova inizia ad uscire, va in palestra ,cerca di tirarsi su e viene definita vedova allegra, se non è passato un congruo lungo periodo prima di presentarsi in giro con un nuovo compagno , è la solita z…..a. esperienza personale

A.

Mio padre è venuto a mancare meno di un anno fa. Era titolare di un’azienda di mezzi di trasporto e io sono figlia unica. Non ho alcuna intenzione di portare avanti il suo lavoro perché rientra in un settore fortemente in crisi ed anche perché non è di mio interesse, ma sono nove mesi che mi sento dire che se mio padre avesse avuto un figlio maschio forse si sarebbe potuto portare avanti l’azienda.

Andrea

Mi chiamo Andrea e sono una ragazza e da quasi 26 anni mi sento chiedere perché ho un nome da maschio e, al liceo, una mia professoressa si rifiutava di utilizzare il mio nome imponendomi un’Andreina che io ho sempre odiato.

cabose

avete mai provato ad entrare in un negozio di abbigliamento per bambini/e? Provate a trovare qualcosa per le bambine che non sia rosa! Venti, trent’anni fa la sessualizzazione precoce delle bambine non era così spinta

M.

A casa mia, in cui solitamente vige la parità dei sessi, durante i pranzi e le cene con i parenti sono sempre le donne a sparecchiare (anche non le proprietarie di casa), mentre gli uomini bivaccano a tavola. Se lo faccio notare a mia madre mi becco della “pigra” o “fannullona” e quando mi lamento del fatto che mio fratello quindicenne non faccia nemmeno una faccenda di casa dice che sono gelosa di lui e che mi faccio le paranoie sulle preferenze, ma sono convinta che gliela faccia passare liscia perché è maschio, magari a livello inconscio. Io alla sua età facevo le stesse cose che faccio ora, ma se fossi nata maschio le avrei fatte allora e le farei ora lo stesso? Il sessismo va combattuto in casa, dalle donne contro i propri pregiudizi e le proprie abitudini, anche dalle persone che hanno – o pensano di avere – una mentalità “moderna”, che parlano di parità ma nei fatti sono le prime a discriminare nei piccoli gesti quotidiani.

Viola

Negli ultimi anni ho dovuto affrontare parecchi colloqui di lavoro a causa dell’attuale situazione economica e mi sono proposta per ogni tipo di lavoro: commessa, segretaria, impiegata. Ho poco più di trent’anni e tra le domande che mi sento rivolgere più spesso ci sono quelle inerenti la mia vita sentimentale: “Sposata? Fidanzata?”, noi conviviamo, subito seguita da “Ha figli?” non ne ho e “Vuole dei figli?”, come potrei mai rispondere di sì quando la conditio sine qua non per ottenere un posto di lavoro è non averne? Se il posto, come ormai accade di norma, è a tempo determinato si può stare certe che si verrà lasciate a casa nel momento stesso in cui si annuncia di essere rimaste incinte e quindi con cosa mantenere il futuro bambino? Al termine di un colloquio, che mi sembrava andato piuttosto bene, mi sono sentita dire “mi dispiace ma noi non assumiamo donne in età fertile”. Direi che non c’è altro da aggiungere.

Nina

Ho trascorso qualche mese a Siviglia per lavoro due estati fa. Ero solita recarmi a lavoro a piedi. Durante il tragitto mi sono imbattuta per circa tre settimane in un gruppo di operai che lavoravano alla manutenzione di una casa. Ho subito per una decina di giorni i loro commenti lascivi, i loro fischi di richiamo come fossi un cane, le loro risate da branco come se io non fossi un essere umano degno di rispetto. All’undicesimo giorno, stanca di dover abbassare lo sguardo quasi vergognandomi del mio fisico prorompente, del mio corpo da “donna”, ho iniziato a pregarli gentilmente di porre fine a quello strazio a cui ero costretta ogni giorno, senza ottenere alcun risultato se non addirittura un incremento dei loro fastidiosi atteggiamenti. Ogni giorno che passava, mi rivolgevo loro sempre più innervosita, finché un mattino uno di loro mi urla dietro “Cásate conmigo”, ovvero “Sposami”, con successiva sequenza di schiocco di labbra a simulare i baci che solitamente si usano per richiamare un gatto, seguito dalle risate corali dei suoi colleghi. Mi sono sentita profondamente umiliata. Presa dalla rabbia accumulata per tre intere settimane ho aperto una bottiglietta d’acqua che avevo in borsa e gli ho lanciato il contenuto addosso. Ho iniziato a urlargli contro che non dovevano permettersi di trattarmi così, che non ero un gatto, ma un essere umano esattamente come loro e meritavo lo stesso identico rispetto riservato a loro. Sono rimasti tutti impietriti e hanno iniziato a biascicare qualcosa che voleva assomigliare a delle scuse, mi guardavano come se fossi pazza, come se il mio gesto fosse piovuto dal cielo senza una reale motivazione. Avrei voluto evitare quella reazione così violenta, ma le mie suppliche dei giorni precedenti pareva fossero mute, come se loro non fossero in grado di udirle. Mi sono anche vergognata per essermi comportata così. Ho pensato che magari avrei dovuto stare al gioco e perché no, sentirmi addirittura lusingata. Ma in un mondo che possa definirsi civile, nessun essere umano è richiamato con dei fischi o dei bacetti, soprattutto se dimostra di non gradire tali manifestazioni. Nonostante sapessi di essere dalla parte della ragione (tralasciando quel momento di ira funesta), i giorni successivi ho deciso di cambiare tragitto, perché quasi mi sentivo in colpa per averli “offesi” in quel modo. Insomma: una delle tante vittime di un mondo in cui le regole vengono dettate dagli uomini.

Phil

gli episodi sono talmente tanti, che fanno comprendere “la banalità” del male e il radicamento del sessismo, che pervade ogni ambito di vita… a 3 anni provo a fare la pipì “i piedi”, come i maschi, perchè ho già intuito che i maschi in fondo “valgono di più”, forse perchè mia madre ha lasciato il lavoro dopo aver avuto il primo figlio .. come fosse costreatta a scegliere o la sua carriere e la sua realizzazione o una famiglia a forse 10 anni respiro- nella mia famiglia materna – un sessismo diffuso, che fa dire a mio zio, vedendomi saltare sulle scale “non saltare che ti scende l’utero”, credo che a un maschio non avrebbe detto “ti scendono i coglioni” a 13 anni capisco che essere una donna in effetti è fonte di disagio, imbarazzo e che solo per essere donna sei “a rischio”. incominciano i commenti per strada sulle forme che iniziano a vedersi, i maschi a scuola alzano la gonna con battute disgustose, un compagno di classe si spoglia in classe mostrandosi nudo alle ragazze e via dicendo .. inzia il liceo – un periodo tranquillo, se non fosse che per strada continuano le battute e che in tram inizia a capitarmi qualche molestia di troppo .. palpeggiamenti che mi lasciano senza parole e impietrita dalla vergogna. a 22 anni l’episodio in cui ho avuto davvero più paura: sono in bicicletta in una strada isolata in mezzo ai boschi, è ferragosto, mi si avvicina una moto e il conducente inizia a toccarmi e cerca di farmi cadere dalla bici, dicendomi cose oscene e minacciandomi. io lì ho veramente paura. mi sento un animale braccato. il cuore accellera, mi guardo intorno. dopo attimi che sembrano interminabili compare una macchina all’orizzonte, la moto se ne va. io non sono in grado di fare nulla. pedalo solo più forte che posso per raggiunegre una strada trafficata. la salvezza. altri episodi in ordine sparso: maniaci che si fanno le seghe ed esibizionisti (un po’ in diverse parti del mondo), altri soggetti che ti seguono di notte mentre te ne vai in giro in bici, approcci disgustori alle fermate dei mezzi pubblici, fischi per la strada e apprezzamenti volgari ecc. ecc. … ordinarie molestie che solo le donne possono capire. a 25 anni, appena laureata, accompagno un collega ad un sopralluogo e gli chiedono “dottore, è la sua fidanzata” a 28 anni ricomincio a mettere le gonne (“rimosse” completamente dal guardaroba a 13 anni) e a vestirmi come voglio, anche con qualcosa che valorizzi il mio corpo di donna. ho capito che non è giusto negare la mia femminilità: non è essere donna il problema. il problema sono gli altri. per tutta la vita, dopo la laurea: tutta la famiglia non fa che chiedermi ossessivamente quando mi sposo, quando faccio un figlio. solo e ossessivamente quello. a 40 anni mi sposo. con un uomo che condivide il mio stile di vita, che è felice che io lavori, che viaggi, che abbia i miei interessi e le mie passioni. ma ancora questo non è sufficiente. ai miei genitori manca sempre qualcosa. non sono una buona moglie perchè in casa ci spartiamo i compiti, non sono una buona moglie perchè faccio qualche piccola vacanza da sola o con le amiche, non sono una buona moglie perchè non ho avuto figli, non sono una buona moglie perchè viaggio per lavoro e quasi tutte le settimane sono via di casa un paio di giorni. a un uomo tutto questo non è richiesto.

Laura

Leggendo mi sono venuti in mente diversi episodi…dal relatore di tesi che ti guarda la scollatura invece di ascoltarti quando gli parli, o che al colloquio per la borsa ti dice esplicitamente che una delle condizioni per avere la borsa è di non sposarti o far figli, al tipo sul pullman che mette la mano sopra la tua sulla barra di sostegno, e tu la sposti e lui la sposta, e si avvicina da dietro che senti il suo fiato sul collo, al tizio che si masturba vicino a te in un luogo pubblico, a tutti i commenti non richiesti per strada quando passeggi, al ‘eh ma tu sei una donna’, risposta sentita mille volte in situazioni varie….Che tristezze. Non rassegnamoci, non deve essere cosi per forza. Però aggiungo: finchè ce la cantiamo e suoniamo tra noi donne non si risolve molto. Finchè alle conferenze contro le molestie partecipa un 80 % di pubblico femminile e 20 % o meno di uomini, non credo che serva a molto. Noi queste cose le sappiamo. Sono gli uomini molto spesso a non capirci, a non vedere il problema e il disagio che ne deriva. Non tutti, ovvio. Ma molti. Troppi.